Pianificazione ottimale in chirurgia guidata: full arch a carico immediato e riabilitazione protesica immediata.

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Diagnosi e pianificazione di un caso clinico di implantologia a carico immediato arcata superiore.

 

Dott. Vincenzo Carbone.

Dott. Francesco Barbarulo.

Odt. Michele Orefice.

Per il caso che descriveremo in seguito, è stato proposto un intervento di implantologia a carico immediato e applicato il nostro piano di trattamento razionale. Rappresenta un evidenza delle potenzialità dei software, per tutto il percorso diagnostico terapeutico, dalla fase interpretativa iniziale alla fase chirurgica vera e propria finale che ci auguriamo di condividere con voi.

Piano di trattamento razionale:

1: Raccolta dei dati clinici ed anamnestici.

2: Studio del caso : valutazione dei rischi e classificazione dei difetti in esame.

3: Analisi delle tecniche chirurgiche e dei rischi connessi al caso

4: L’ipotesi del piano di trattamento razionale

5: Discussione attraverso il blog.

Il protocollo razionale applicato ai casi di programmazione chirurgica implantare a carico immediato, deve tener conto di una serie di parametri, da applicare ad hoc ad ogni singolo punto del piano di trattamento, con lo scopo di giungere all’intervento in maniera serena e con il più basso numero di interrogativi, ai quali si dovrà intervenire, se mai ci fossero, con soluzioni appropriate già programmate. Sarà importante in altre parole rispettare il protocollo previsto, al fine di poter risolvere il caso in maniera eccellente, rispettando innanzi tutto i tempi del programma, dare al paziente ciò che si è programmato in termini di estetica e funzione. Il nostro protocollo attraverso l’analisi attenta di tutte le variabili (clinico-tecniche) ed attraverso il lavoro di equipe, è riuscita negli anni attraverso la risoluzione dei casi implantari ad attuare un protocollo ripetibile ed applicabile con dovute differenze a tutti i casi e sostenibile da un punto economico.

Descrizione del caso: le immagini della fase diagnostica sono in fase di inseri

1: Raccolta dei dati clinici ed anamnestici:

Si presenta alla nostra osservazione un paziente di 50 anni, in buona salute, non fumatore, assenza di patologie sistemiche, motivato ad affrontare terapie risolutive del suo stato di sofferenza orale, provocato da fenomeni acuti di pulpite e parodontite cronica. Escluse tutte le controindicazioni generali e sistemiche, il paziente viene sottoposto ad una serie di sedute per la risoluzione delle problematiche endodontiche e parodontali.

All’esame obiettivo del cavo orale: il paziente presenta solo alcuni elementi dentali mascellari, ed è portatore di una protesi parziale superiore, incongrua esteticamente ed alle normali funzioni di fonazione e masticazione. L’arcata inferiore conserva ancora elementi dentari con segni di parodontopatia.

 

Per l’arcata superiore, visto le condizioni degli elementi residui,è stato proposto, un percorso diagnostico terapeutico di implantologia a carico immediato.

Per carico immediato si intende un protocollo operativo, che in un lasso di tempo di 6-8 ore, sia comprensivo di tutte le procedure chirurgiche e protesiche, dall’inserzione degli impianti alla consegna del manufatto protesico provvisorio avvitato su di essi, e nelle successive 36-72 ore la consegna del manufatto definitivo. Tale tipo di protocollo prevede quindi, la funzionalizzazione degli impianti subito dopo l’inserzione, con  tutti i benefici della stimolazione funzionale degli impianti, con gli indubbi vantaggi della riabilitazione immediata al paziente, al quale si garantiscono estetica, fonetica, e funzione.

2 : Studio del caso : valutazione dei rischi e classificazione dei difetti in esame.

Il secondo punto rappresenta sicuramente la fase più corposa del nostro piano,  poichè solo attraverso la conoscenza attenta dei volumi ossei potremmo stabilire come ed in quali termini intervenire per il caso in esame. Fondamentale in questa fase sarà l’utilizzo dei software di programmazione, dopo aver prescritto, effettuato o analizzato, se già presenti, esami diagnostici più semplici.

1: rx panoramica

2: foto studio

3: modelli in gesso montati in articolatore.

Il filone decisionale diagnostico che passa attraverso questi dati è reso obbligatorio sia per iniziare a quantificare i rischi, ma sopratutto per ottimizzare lo studio della Tc cone-beam da prescrivere e renderla idonea al caso in esame.

In questa fase sarà importante non commettere errori procedurali e prescrivere un esame radiografico che incorpori dati protesici essenziali per lo studio iniziale e per il seguito chirurgico, il cui successo, dipende il larga parte da queste fasi iniziali. Infatti, la chirurgia guidata deve far riferimento oltre all’osso residuo anche alla progettazione protesica, che verrà gestita ed ottimizzata al caso successivamente, attraverso il software. Sarà quindi importante prima di prescrivere al paziente l’esame radiografico, verificare se lo stesso abbia una protesi mobile (parziale o totale) e se questa risponda ai requisiti idonei di estetica, altrimenti dovremmo adeguare o rifare le vecchie protesi del paziente riadattandolo alla nuova estetica.

Per il nostro caso, la valutazione pre-operatoria deve passare attraverso dei protocolli di realizzazione precisi e supportati da uno studio dettagliato in armonia con il laboratorio odontotecnico.

Protocollo operativo:

Nel caso descritto, il paziente, presenta degli elementi residui da rimuovere ma, non ancora sicuri del protocollo operativo, si è deciso in prima istanza di allestire una protesi provvisoria superiore di studio, recante le selle edentule distali ed un’ampia base protesica palatale, sulla scorta dell’occlusione gia esistente.

 

Da una analisi attenta della protesi di studio è stato deciso di effettuare le estrazioni dentali ed il confezionamento di una protesi di scansione totale prima dell’indagine TC cone-beam, al fine di evitare esposizioni multiple al paziente e rispondendo in questo modo al principio di giustificazione in tema di esposizione ai raggi X.

Nella base protesi vengono posti dei reperi radiopachi, equamente distribuiti sulle superfici vestibolari e palatali, cercando una differente altezza tra quelli palatali e vestibolari.

 

Si effettua una prova nel cavo orale con l’indice occlusale in silicone; in questa fase  è importante verificare che la base protesica si adatti bene al piano mucoso poiché essa costituirà la base per la costruzione della dima chirurgica.

L’esame extraorale mette in evidenza  l’assenza delle esposizioni gengivali durante il sorriso stirato.

 

Al paziente a questo punto viene eseguito un esame Tc cone-beam con inserita nel cavo orale la guida radiologica protesica, con guida dell’indice occlusale in silicone.

Verra quindi eseguita una Tc cone-beam alla guida radiologica, la quale reca in se tutte le informazioni di progetto, quelle realizzate sulle selle edentule e quelle virtuali

Attraverso il software è stato prima ottenuto il modello di lavoro su cui è stato possibile effettuare la pianificazione.

Sarà importante durante la programmazione, prestare attenzione all’emergenza degli abutment trans mucosi, con i quali di solito si riesce a compensare angolazioni oltre i 30 gradi.


 

 

 

Lo studio della densità ossea indica una qualità bassa di tipo D3 con pochi picchi D2 a livello della premaxilla, in prossimità delle zone estrattive.

Per ogni impianto verrà quindi valutato il posizionamento ideale sulla base delle caratteristiche morfologiche delle singole sedi, con particolare attenzione alle densità sito specifiche, le quali ci permetteranno di programmare il tipo di fresaggio osteotomico per ogni singola fixture già nella fase preoperatoria.

Una delle condizioni da perseguire affinché il carico immediato possa essere effettuato è la stabilita primaria degli impianti con un valore di torque minimo  di 35 newton/cm, e solo mediante una profonda conoscenza delle strutture anatomiche è possibile poter prevedere il raggiungimento di tali valori ideali di torque nella fase operatoria, si rende quindi indispensabile l’utilizzo dei software di pianificazione per una caratterizzazione oggettiva delle sedi che ospiteranno le singole fixture.

Al termine della pianificazione avremo quindi a disposizione tutte le informazioni necessarie per poter completare con piena consapevolezza il caso in esame, tenendo già in considerazione eventuali problematiche che si potrebbero riscontrare nella fase chirurgica.

Disporremo quindi di un modello della dima chirurgica che verrà prodotta e di tutte le informazioni necessarie al posizionamento di ogni singolo impianto

 

La fase chirurgica del caso in esame è stata eseguita il 01/06/2013 durante un corso in Live-surgery.

3: Analisi delle tecniche chirurgiche e dei rischi connessi al caso.

Gli obiettivi del trattamento implantare a carico immediato sono legati alla consegna immediata di una protesi che sia gradevole dal punto di vista estetico e psicologico e funzionalmente adeguata. La protesi dovrà essere consegnata al paziente in un lasso di tempo breve dal momento chirurgico.

Tali obiettivi saranno possibili, grazie  alle informazioni ricavate dalla guida chirurgica, la quale conserva in essa  tutti i dati di progetto protesico.

 

 

 

 

 

 

 

 

Attraverso la guida, e dalle informazioni in essa contenute, in laboratorio,  si riuscirà a realizzare, un modello di lavoro sul quale il tecnico, allestirà del materiale protesico che permetta al chirurgo di ridurre i tempi di consegna della protesi provvisoria, velocizzando e ottimizzando le fasi post intervento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Costruzione del modello master pre-chirurgico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Modello master con analoghi

 

Ceratura su modello master in articolatore.

 

 

 

 

 

 

 

Provvisorio pre-chirurgico.

 

Il materiale protesico da confezionare sarà costituito essenzialmente da :

1: Un indice occlusale in silicone, con il quale si garantira il corretto posizionamento della dima nel cavo orale prima dell’intervento.

 

 

2: Un manufatto protesico provvisorio, questi dovrà avere dei fori in corrispondenza con le emergenze implantari, a cui verra ancorato tramite abutment trans mucosi mediante tecnica ad incollaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

3: Un portaimpronta contenitore per l’impronta in gesso attraverso la quale, si ridurranno i tempi per l’impronta e si garantirà al tecnico l’esatta corrispondenza delle posizioni implantari, riducendo i rischi di micromovimenti degli stessi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4: Un trasfert occlusale costituito dalla dima radiografica da un duplicato della stessa, la quale opportunamente modificata permetterà di trasferire tutte le informazioni estetiche fonetiche, dimensionali al laboratorio il quale nei tempi previsti potrà confezionare un manufatto definitivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I rischi connessi a tale tipo di caso, sono molto frequenti e legate alle diverse fasi di trattamento, dagli artefatti radiografici, al micromovimento della dima, all’incongruenza se pur lieve del posizionamento implantare, i rischi maggiori sono legati all’insuccesso di una mancata stabilità primaria degli impianti, il che renderebbe l’intervento di inserimento degli impianti, senza il seguito protesico immediato, in questo caso comunque il paziente opportunamente informato, dovrebbe attendere solo il tempo necessario alla stabilità secondaria degli impianti per una riabilitazione fissa, ed in questo lasso di tempo verrebbe opportunamente riabilitato meditante una protesi totale rimovibile. Anche per questa possibilità comunque il laboratorio provvederà a preparare una base protesica da utilizzare nel caso ce ne sia bisogno che nel nostro caso sarà costituita dalla dima radiologica preparata precedentemente. Il rischio di una mancata stabilizzazione immediata verrà affrontato in fase chirurgica attraverso la preparazione differenziale dei siti osteotomici.  Gli impianti da noi scelti per questo piano presentano un corpo implantare che permette un inserimento facilitato nei siti sottopreparati, infatti il corpo implantare alla punta presenta un diametro di circa la metà rispetto al collo, inoltre, la presenza di un passo di spira con ampiezza diversa progressiva apico- coronale permette di ricercare la massima stabilità dell’impianto evitando fenomeni di eccessiva compressione ossea.

 

I rischi connessi alle fasi procedurali verranno risolte e compensate in fase protesica. Attraverso la tecnica della cementazione agli abutment della protesi provvisoria verranno risolti gli scompensi legati a incongruenze nel posizionamento implantare. L’impronta in gesso accoppiata ad un poliestere light ridurrà i tempi poiché non ci sarà bisogno di unire e bloccare i transfert, funzione che sarà svolta direttamente dalle proprietà del gesso, il quale quindi garantirà il perfetto trasferimento delle posizioni implantari riducendo i rischi di sorprese all’atto della consegna della protesi definitiva.

  •      Portaimpronta

  •   Impronta in gesso e polietere

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  •        Impronta post intervento.

 

 

 

 

 

 

 

 

  •       Modello con viti di guarigione

Il trasferimento della dimensione verticale, e degli altri parametri estetici ( forma, estensione grandezza degli elementi dentari) verranno trasferiti, utilizzando il transfert di posizione, in questo caso sono stati utilizzati gli stessi provvisori immediati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scelta dei materiali:

La scelta dei materiali di restauro, non crea imbarazzo, per la porzione estetica:  la nostra scelta andrà orientata verso quei materiali come le resine acriliche, per i provvisori immediati, e i compositi per il manufatto a lungo termine / definitivo questi materiali hanno raggiunto negli ultimi anni alti livelli estetici, sovrapponibili alle ceramiche. I materiali compositi hanno dal loro canto una serie di vantaggi indiscutibili: Presentano proprietà adesive con fibre in vetro o carbonio, quest’accoppiamento permette al laboratorio di eseguire manufatti con tempi e costi contenuti e di gestire direttamente in studio eventuali fenomeni di fratture della porzione estetiche. Per la porzione metallica di rinforzo, il gold standard è rappresentato dal titanio in barra, mediante saldatura si garantirà accoppiamento alle torrette in titanio pre macchinate, con garanzia di passivazzione alla barra e precisione di accoppiamento agli impianti.

Solo attraverso l’attento rispetto delle procedure e la stretta collaborazione con il laboratorio potremmo affrontare l’intervento in piena serenità sicuri di poter risolvere tutte le possibili problematiche con interventi adeguati poiché programmati in precedenza, dare quindi al paziente la possibilità di interagire con noi grazie alle immagini fornite dalla studio del caso ed ancora una volta grazie al software di programmazione e farlo partecipare a tutte le fasi fino alla consegna della protesi definitiva.

 

 

 

 

 

 

 

 

  •       Barra in titanio

  • Realizzazione su barra della struttura anatomica di sostegno per il materiale      estetico in fibra di vetro

 

 

 

 

 

 

 

Manufatto in articolatore.

Prima del trattamento

 

  •         Manufatto in situ

 

 

 

4: Piano di trattamento razionale.

1: Anestesia locale carbocaina 2% con adrenalina.

2:  Prova della corrispondenza della guida chirurgica.

3: Prova della guida radiologica/ trasferitore occlusale, con eventuale ribasatura e ricerca occlusale ideale a mezzo di morso in silicone.

4: Bloccaggio della mascherina mediante viti di osteosintesi da 1,5.

5:  Preparazione alla lunghezza programmata mediante frese dedicate di diametro come da protocollo di fresaggio.

6: Inserimento implantare e controllo del torque.

7: Rimozione della dima.

8: Presa dell’impronta in gesso.

9: Ribasatura del trasfert occlusale e ricerca dell’occlusione ideale.

10: Adattamento e fissaggio della protesi provvisoria per incollaggio, rifinitura, e lucidatura.

 

Letture consigliate.

– Fouad khoury. Innesti ossei in implantologia Quintessenza.

– Carl E. Misch. Implantologia contemporanea Elsevier.

– M. Merli vol 1 Terapia implantare.

– M. Mozzati; S Carossa.  Implantologia a carico immediato.  UTET

 

 

5: Discussione attraverso il blog.

Crediamo che attraverso la vostra partecipazione attiva  mediante suggerimenti, critiche e commenti, si possa migliorare la complessa fase del piano di trattamento razionale.

 

© iDiagnosi

 

Categories: chirurgia

Pianificazione implantare complessa, per un edentulia di un incisivo centrale superiore, in presenza di un grave deficit osseo orizzontale.

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Dott. Vincenzo Carbone

Dott.ssa Grazia Natale

 

 

Premesse.

Il recupero o la sostituzione di un incisivo centrale superiore rappresentano per l’odontoiatra e la sua equipe una vera impresa. L’area di interesse è la più alta sfida di ripristino estetico e l’elemento in esame è il co-protagonista di questa sede insieme al controlaterale. La sfida è tutta qui: l’esatta riproduzione di un modello che è costantemente a confronto con il nostro prodotto.

La parola chiave in tutte le riabilitazioni, tanto più in quelle di rilevanza estetica, è senz’altro la biomimesi; solo il rispetto dei principi biologici, meccanici e funzionali sarà in grado di garantire successo estetico al nostro operato e viceversa, anche a lungo termine.

Restituire un sorriso significa oggi non limitarsi ad analizzare e riprodurre la sola estetica dentale ma allargare il nostro quadro d’osservazione per ripristinare anche quella gengivale ed eseguire una riabilitazione integrata nella bocca, nel viso e più ampiamente in un individuo dotato di una sua peculiare personalità e di proprie abitudini. Traslando tali principi generali al campo della chirurgia implantare, appare chiaro che la sola strada percorribile oggi è quella dell’implantologia protesicamente guidata secondo i principi del piano di trattamento razionale inteso come studio approfondito e integrato del caso in esame attraverso l’ analisi dei rischi locali e generali e la discussione in equipe delle problematiche resesi evidenti. Tale protocollo, promosso da numerosi autori e sostenuto dal nostro gruppo di studio,  farà automaticamente emergere la procedura chirurgica  più razionale e adeguata alla risoluzione del caso.

L’obbiettivo é quello di estrapolare dai dati clinici e strumentali il maggior numero di informazioni, attraverso lo studio diagnostico delle immagini fotografiche, delle impronte e dalle indagini radiografiche, perfezionando lo studioe del caso attraverso l’utilizzo di software di pianificazione, al fine di scegliere tra le diverse possibilità la tecnica chirurgica più  predicibile e con il minor rischio a breve e  a lungo termine.

La chiave di volta del piano di cura appare quindi essere la messa a punto di un protocollo operativo volto a definire in modo chiaro un piano di trattamento razionale che si articola attraverso i seguenti punti:

 

  1. Raccolta dei dati clinici e anamnestici.
  2. Studio del caso: valutazione dei rischi e classificazione dei difetti in esame.
  3. Analisi delle tecniche chirurgiche e dei rischi connessi al caso.
  4. L’ipotesi del piano di trattamento razionale
  5. La discussione attraverso il blog, del piano di trattamento ipotizzato.

 

 

1. RACCOLTA DEI DATI CLINICI E ANAMNESTICI

E’ giunta alla nostra osservazione una giovane paziente di anni 25, in buone condizioni di salute generale, che riferiva assenza di farmaco-allergie con profilo di rischio medico generico da noi classificato come ASA 1. La paziente raccontava d’aver subito un incidente, circa 2 anni fa,  che le aveva causato l’avulsione immediata traumatica dell’elemento 1.1. Fig 1.1

 

fig1.1

 

La paziente fu riabilitata nell’immediato con una protesi parziale rimovibile che non la soddisfa né dal punto di vista funzionale né estetico e che è inoltre causa di una dolorosa infiammazione gengivale localizzata ma persistente.

          Fig1.2

L’esame obbiettivo intra- ed extra- orale mette in evidenza la presenza di simmetria facciale e dentale, l’assenza di neoformazioni palpabili, la presenza di cute e mucose normoemiche con lingua in asse e normomobile, frenuli correttamente inseriti, presenza di segni e sintomi di gengivite marginale, livello di attacco clinico gengivale nei limiti della norma, assenza di processi cariosi in atto, frattura dell’angolo incisale mediale (II classe di Ellis) dell’elemento 2.1,  edentulia in sede 1.1, segni di decubito protesico in sede 1.1 caratterizzato da un’ area eritematosa a margini sfumati, non rilevata, dolente alla palpazione e durante le funzioni masticatorie, assenza di abitudini viziate, assenza di  parafunzioni, fumatrice 10 sig. al giorno.

L’esame occlusale non mette in evidenza alterazioni a carico dell’A.T.M., non sono presenti faccette di usura agli elementi dentari, é presente una prima classe dentaria secondo Angle con morso profondo anteriore, da tener in attenta valutazione ai fini dell’emergenza implantare futura.

L’analisi estetica intraorale mette in evidenza durante il  sorriso solo accennato, un  evidente  esposizione delle festonature gengivali, linea alta del sorriso (soggetto biprotruso) con esposizione di 2 mm del complesso dento gengivale, biotipo gengivale sottile, presenza di ampie festonature verticali, con forma coronale piuttosto triangolare, asimmetria tra i laterali.  FIG 1.1

2. STUDIO DEL CASO: VALUTAZIONE DEI RISCHI E CLASSIFICAZIONE DEI DIFETTI  IN ESAME

Ai fini di una eccellente fase di pianificazione occorre valutare, la presenza dei fattori di rischio locali dai quali spesso dipendono i fallimenti precoci e tardivi.

I fattori di rischio da valutare sono:

  1. Rischio estetico
  2. Rischio infiammatorio- infettivo
  3. Rischio  biomeccanico
  4. Rischio legati al sito edentulo.

 

Rischio estetico

L’analisi estetica intraorale mette in evidenza durante il  sorriso solo accennato, un evidente esposizione delle festonature gengivali verticali, linea alta del sorriso (soggetto biprotruso,) con esposizione di 2 mm del complesso dento gengivale, un biotipo sottile gengivale, con una forma coronale piuttosto triangolare, é presente asimmetria tra i laterali superiori. Questo biotipo parodontale  è legato ad un più alto rischio di malattia parodontale o perimplantare, e risponde a  traumi di varia natura come  terapia chirurgica con maggiore possibilità di recessione dei tessuti molli, migrazione apicale dell’attacco parodontale e perdita del volume osseo sottostante. FIG 2.1

 

fig. 2.1

Rischio infiammatorio infettivo.

L’esame obiettivo ha da subito evidenziato la presenza di gengivite marginale (fig1.1), segno di uno scarso controllo della placca batterica, tuttavia non sono evidenti agli esami strumentali compromissioni del parodonto profondo.

Non si rivela la presenza, in vicinanza del sito d’interesse, di possibili fonti infettive quali lesioni cariose in atto o trattamenti endodontici incongrui.

 

Rischio biomeccanico.

Il rischio biomeccanico é un fattore di fondamentale importanza per il successo implantare a breve e a lungo termine. Le forze applicate al sistema stomatognatico vanno attentamente valutate al fine di intercettare e quindi eliminare ogni potenziale fonte di sovraccarico funzionale che comprometterebbe la terapia già nell’immediato post-chirurgico inficiando l’osteointegrazione implantare.

Presenza di prima classe molare a destra, seconda classe a sinistra, con over-bite ed over-jet anteriore aumentato  (soggetto biprotruso) con morso profondo, assenza di faccette di usura, assenza di mobilità agli elementi dentari, assenza di parafunzioni come Bruxismo o serramento.

Rischi legati al sito edentulo.

L’attenta valutazione qualitativa e quantitativa del sito ci permette di classificarne la morfologia contribuendo in maniera sostanziale alla fase diagnostica pre-chirurgica la quale, in ultima analisi, ci guiderà nella scelta della tecnica chirurgica più predicibile a lungo termine e gravata da minori rischi locali e generali.

(L’attenta valutazione qualitativa e quantitativa del sito ci permette di classificare la morfologia, facilitando la fase diagnostica pre-chirurgica, e sopratutto ci da la possibilità di mettere a confronto tra le diverse tecniche chirurgiche da poter eseguire, quella a minor rischio e con meggiore predicibilità a lungo termine).

Dallo sviluppo delle impronte, é possibile estrapolare una serie di dati che già lasciano prevedere la reale atrofia ossea che sottende l’edentulia del 1.1. (fig 2.1;2.2).

 

             Fig.2.1

 

            Fig. 2.2

Il montaggio ideale protesico dell’elemento sul modello permette di conoscere quei valori numerici a cui fare riferimento per la nostra pianificazione. Il riempimento con cera rosa ed una sonda parodontale permette di valutare preliminarmente il difetto osseo orizzontale di 3 mm. Fig (2.3;2.4.).

                            fig.2.3

 

                             Fig2.4

Gli spazi protesici indicano per il rispetto delle armonie spaziali degli elementi adiacenti, la presenza di un diastema interincisivo, accentuato ancora di più dal trattamento ortodontico non eccellente, a cui era stata sottoposta precedentemente la stessa paziente. Fig 2.2

Con il posizionamento protesico dell’elemento sul modello, è stata richiesta al laboratorio una mascherina in acrilico con riempimento al bario al 30% in sede 1.1., ed é stata eseguita una rx cone beam. Fig  2.5

                            fig.2.5

 

Dall’esame rx cone beam é stato possibile effettuare quindi delle misurazioni preliminari che ci confermano l’ipotesi clinica iniziale secondo cui il piano verticale risulta adeguato alla riabilitazione implantare mentre quello orizzontale si mostra gravemente deficitario, con un minus di circa 4,5  mm, di cui il picco  maggiore  si apprezza nella porzione centrale del processo alveolare stesso, dove residua  la presenza di soli 2,5 mm di osso  corticale palatale. Secondo Cawood ed Howell (1988) tale difetto viene classificato come IV classe ( cresta ossea di adeguata altezza, ma con deficit di spessore, tipicamente definita a ” lama di coltello”). Secondo Hammerle e Jung (2008)  tale atrofia viene classificata come IV classe (difetto osseo orizzontale), tale classificazione lega la morfologia del difetto in funzione del tipo di procedura chirurgica da applicare. Fig.re 2.6

                          Fig. 2.6

In questa fase fondamentale del processo diagnostico abbiamo a disposizione diversi software di programmazione che ci permettono di simulare virtualmente l’intervento, selezionando la tipologia di impianto da inserire scelto per forma, diametro e lunghezza, e, posizionandolo virtualmente in maniera protesicamente ideale.

Prevedendo, cosí eventuali impatti dell’ impianto su strutture nobili, possibili fenestrazioni, deiscenze legate deficit ossei che richiederebbero un ulteriore trattamento rigenerativo, abbiamo quindi la possibilità  di realizzare infine una dima chirurgica personalizzata. Nella fattispecie è possibile valutare la qualità ossea e calcolare il volume osseo necessario per risolvere eventuali deficit per l’aumento dei tessuti duri (osso autologo, biomateriali, membrane, innesti, split-crest). Queste informazioni sono  preziosissime in fase di programmazione in quanto ci guidano nella scelta della metodica più adeguata per il raggiungimento del nostro piano di trattamento razionale.

Per questo caso é stato utilizzato il  software SimPlant Materialise fig 2.7, attraverso il quale é  possibile valutare  a 360 gradi  il sito atrofico.

L’impianto é stato posizionato in maniera protesicamente guidata avendo come reperi la mascherina bariata, con la quale il paziente ha effettuato l’esame radiologico, ed i denti adiacenti ed antagonisti alla futura corona.

                  Fig. 2.7

 

L’impianto così posizionato non interferisce con strutture nobili, nella fattispecie con il canale interincisivo, ma  data la scarsa qualità ossea presente, risulta esposto vestibolarmente per la quasi totalità delle proprie spire. Fig2.8

                Fig.2.8

 A tal proposito il  software ci permette di avere una più chiara valutazione  del deficit, di calcolare quindi il volume osseo mancante e quindi di scegliere la tecnica chirurgica più adeguata per ripristinarlo.

Per una chiara comprensione dei dati raccolti é stato utilizzato uno schema riassuntivo, tabella num.1 (Mauro Merli vol 1 terapia implantare Quintessenza ed.), a cui ci ispiriamo, questo schema così come indicato dall’autore, permette una più facile comunicazione sia con l’equipe medica che con il paziente, il quale va alla fine delle nostre valutazioni, coinvolto nella costruzione del piano di trattamento, nelle fasi terapeutiche, ed nella terapia di mantenimento. Solo attraverso un pieno coinvolgimento dello stesso paziente potremmo garantirci quell’alleanza utile al nostro obiettivo teso ad un risultato finale che risponda a requisiti di appropriatezza estetica e funzionale, con il massimo grado di accettazione da parte dello stesso.

 

Il caso in esame presenta quindi alti fattori di rischio estetici, legati principalmente al biotipo gengivale sottile, alle ampie festonature gengivali verticali, alla linea alta del sorriso con ampia esposizione del complesso dento-gengivale, e al tipo di difetto osseo (IV classe di Cawood ed Howell), a cui vanno aggiunte il morso profondo anteriore che non permette errori di emergenza dell’impianto, e le alte aspettative estetiche della paziente.

In seguito a queste valutazioni é possibile affermare che  la  scelta di un piano di trattamento razionale, predicibile e con minor rischio è senza dubbio obbligatorio.

3. ANALISI DELLE POSSIBILI TECNICHE CHIRURGICHE E DEI RISCHI CONNESSI AL CASO. 

Arrivati a questo punto del nostro percorro diagnostico, le domande che dovremmo farci sono:

Quale tecnica chirurgica adottare?

Quali tempi chirurgici?

Quale tipo di lembo ?

Quali materiali?

Le tecniche chirurgiche per questo tipo di difetto sono:

  • Tecniche di Guided Bone Regeneration.
  • Tecniche di espansione ossea.
  • Tecnica di innesto osseo a blocco.

Sulle opzioni temporali dell’inserzione implantare.

  • Metodica one stage
  • Metodica two stage

Sul tipo di materiale.

Il gold standard é sicuramente l’osso autogeno, da prendere in considerazione sono anche le tecniche di modellazione ossea omologa con metodica CAD-CAM.

Visto il difetto che ci troviamo difronte andrà esclusa la tecnica di split crest, poiché tra le indicazioni essa richiede la presenza di una compagine midollare ben rappresentata, mentre nel punto centrale del nostro difetto appare la sola corticale  palatale, FIG 3.1, che la quale rappresenta la nostra sola fonte rigenerativa, e che durante gli  atti chirurgici dobbiamo conservare con massima cura.

Quest’ultima considerazione esclude anche tutte le metodiche one stage, in cui per quanto potremmo essere conservativi,  durante la preparazione implantare rischieremmo di compromettere il volume osseo residuo, avendo il rischio di mancata stabilità implantare.

Una metodica two stage ci permette invece di riportare il nostro difetto a condizioni sicuramente più favorevoli  per il posizionamento implantare protesicamente corretto.

I nostri obbiettivi sono allora ben delineati, cioè quello di riportare il nostro difetto di classe IV a classe  III  di Cawood ed Howell così da trovare le condizioni più favorevoli al posizionamento implantare e ridurre così al minimo i rischi intrinseci chirurgici.

Il nostro difetto anatomico presenta una scarsa capacita intrinseca rigenerativa con una sola parete residua, dove  una tecnica del tipo rigenerativo guidata da membrane  o strutture metalliche potrebbe trovare indicazione, ma i rischi di una esposizione o mobilizzazione della membrana indotta dalle tensioni della muscolatura periorale, sono alte per cui, anche questo tipo di rigenerativa andrà scartata.

La tecnica dell’innesto di osso  rimane la più adeguata,  dove il gold standard è l’osso autologo prelevato intraoralmente, rimangono tuttavia alcune considerazioni  sulla possibilità di utilizzare osso omologo di banca, che grazie a metodiche computerizzate  di aquisizione imaging e fresaggio  con tecnologie CAD CAM, si riesce ad ottenere una quantità di materiale, che si adatta al nostro difetto in maniera esatta, questi materiali, possiedono una buona capacità osteoconduttiva e fanno da scaffold guida per la cellule osteogenetiche nel processo rigenerativo, ma mancano le capacita osteoinduttive proprie dell’osso autogeno, queste tecniche hanno dalla loro parte, il vantaggio di ridurre i disagi del doppio intervento ma sono forse, più indicate nelle rigenerative orizzontali e verticali, dove la richiesta volumetrica del difetto non può essere soddisfatta da un prelievo intra orale.

Sul tipo di lembo da affrontare, le considerazioni sono le seguenti, la chiusura primaria, è di fondamentale importanza, ma nella scelta del lembo, e delle incisioni di scarico e di rilascio non possiamo non considerare il rischio estetico legato al biotipo, tutte le incisioni che non necessarie andrebbero evitate.

Per perseguire quest’obbiettivo,  l’apertura, del lembo con tecnica roll flap modificata, potrebbe essere valida.  Questa  procedura è stata  descritta per la prima volta da Abram nel 1980, come tecnica per aumentare  il tessuto a livello delle selle edentule e nel 1992 è stato modificato da Scharf e Tarnow per il suo possibile utilizzo in ambito di second-stage implantare, la sua esecuzione, consente il prelievo di un tessuto connettivo peduncolato e vascolarizzato, legato al lembo principale, attraverso un incisione a spessore parziale  dal lato palatale; ha indicazione, per l’aumento dei tessuti molli dal lato vestibolare nella seconda fase chirurgica, infatti il tessuto connettivo prelevato, viene ribaltato dal lato vestibolare, mentre l’incisione parziale palatale minimizza il trauma del sito donatore. Nel nostro caso il tessuto connettivo palatale non verrebbe ribaltato, ma servirebbe a far fronte alla richiesta di maggior tessuto molle indotta dall’incremento di volume osseo sottostante, riducendo così il rischio di esposizione dell’innesto. Un esempio di questo lembo è mostrato in Fig 3.2

fig.3.2

Nell’esempio è riportato un lembo roll flap modificato con incisioni di scarico verticali paramarginali con risparmio del tessuto papillare, così come in questo caso, sarebbe possibile, ridurre i rischi di recessione papillare, con  la possibilità di poter traslare, verticalmente il lembo per la  chiusura del sottostante incremento osseo. Il guadagno della porzione di connettivo dal lato palatale, forse,  consentirebbe di non effettuare le incisioni di rilascio periostale, le quali potrebbero rappresentare, fonte di mancata irrorazione dell’innesto. Su quest’ultima considerazione, c’è da ricordare che, questo tipo di lembo, non è mai stato effettuato nella prima fase chirurgica,  e per questo tipo di casi, questa scelta, forse è legata al tipo di irrorazione, infatti studi anatomici sull’uomo hanno dimostrato che al centro della cresta corre la vascolarizzazione buccale e palatale con pochissime anastomosi (1), un incisione al centro della cresta taglierebbe a metà l’irrorazione preservando quella palatale, ma un lembo come prima descritto, comprometterebbe anche l’irrorazione palatale con aumento del rischio di  necrosi ed esposizione dell’incisione e della corticale palatale.

Una  valida alternativa potrebbe essere rappresentato dal lembo connettivale peduncolato palatino secondo Khoury F. (2). Con questa tecnica, il tessuto molle, viene mobilizzato, attraverso una incisione singola rettilinea paramarginale palatale, il lembo, mantiene l’irrorazione attraverso un peduncolo situato mesialmente, dove è presente la più ampia irrorazione e senza compromettere la cresta palatale residua, avrebbe una prognosi migliore, ed una capacita maggiore di fungere da copertura.

Per quanto riguarda le incisioni di scarico vestibolare, legati all’estensione del lembo, le considerazioni sono legate ai rischi connessi al biotipo, il quale sappiamo essere suscettibile alla chirurgia con probabile perdita dell’altezza delle papille, ed alla esposizione dell’innesto. Infatti se scegliessimo un incisione salva papille, il lembo sarebbe troppo piccolo ed avremo il rischio di non poter effettuare una incisione orizzontale periostale di scarico, ed aumenterebbe quindi  la possibilità di non poter chiudere per prima intenzione, se il nostro lembo  fosse disegnato con incisioni di scarico più ampie, il rischio legato al biotipo sottile parodontale, aumenterebbero ma con la sicurezza di poter effettuare una migliore gestione dei tessuti molli.

Nelle aree estetiche le linee generali sono legate all’esecuzione di una sola incisione  di scarico, la quale dovrebbe essere posizionata o distalmente, o direttamente sul frenulo, per mascherare cicatrici. L’incisione, paramarginale salva papille permetterebbe almeno nel dente contiguo di non esporne l’osso ed evitarne il riassorbimento. Una valida alternativa potrebbe essere l’utilizzo di un espansore  fig 3.3 per i tessuti molli il quale garantirebbe un guadagno di tessuto da sfruttare in fase di chiusura. Questa tecnica permetterebbe secondo gli ideatori, un espansione del dispositivo da 3 a 9 mm, con una contemporanea espansione dei tessuti molli. Va considerato altresì un intervento in più per l’applicazione del dispositivo, con tutti i rischi di una tecnica nuova,  in cui nell’area estetica non si conoscono tutti gli effetti.

 fig.3.3

 


Quindi alla luce di queste prime considerazioni. Nel nostro caso, visto il volume da rigenerarare, e le condizioni di rischio estetico già presenti, la nostra scelta forse dovrebbe orientarsi, verso una tecnica a due step, con innesto osseo mediante prelievo intra orale dalla branca montante mandibolare, e contestuale prelievo di particolato. L’innesto potrà essere opportunamente fissato al sito ricevente,   suturato e lasciato “riposare” per circa 6 mesi. Ad avvenuta integrazione  si procederà con il posizionamento dell’impianto mediante guida  di una dima chirurgica.

4. L’IPOTESI DEL PIANO DI TRATTAMENTO RAZIONALE

Divideremo per semplicità la nostra ipotesi del piano di trattamento in punti così da facilitare i visitatori del blog ad intervenire, suggerire, avanzare dubbi, così da ridurre ancora di più le nostre incertezze.

  1. Utilizzo di collutorio alla clorexidina 0,2% per un minuto e infiltrazione di anestetico al sito donatore e ricevente.
  2. Apertura di un lembo: incisione mediocrestale con estensione mesiale intrasulculare, e scarico distale all’elemento 2.2,  a spessore totale.
  3.  Prelievo dalla branca mandibolare, del blocco osseo, e  del particolato, mediante tecnica piezosurgery, e  conservazione in acqua fisiologica.
  4.  Preparazione del sito ricevente, apertura degli spazi midollari
  5.  Modellazione del blocco osseo al difetto. Fissazione con viti di osteosintesi e correzioni morfologiche dell’innesto.
  6. lembo connettivale peduncolato palatino secondo Khoury F. (2). A copertura del difetto.
  7. Incisione periostale orizzontale, di rilascio del lembo, se necessario.
  8. Sutura a materassaio orizzontale e a punti staccati.

 

Letture consigliate:

  • 1.Fouad khoury. Innesti ossei in implantologia Quintessenza.
  • 2.Carl E. Misch. Implantologia contemporanea Elsevier.
  • 3.M. Merli vol 1 Terapia implantare

 

1 Kleinheinz J. Buchter A., Kruse- Losler B, et all. Incision design in implant dentistry  based on vascularization of the mucosa. Clin Oral implants Res 2005; 16:518-23.

2 khoury F, Happe A. Soft tissue management in Oral implantology: a review of surgical tecniques for shaping an esthetic and functional peri-implant soft tissue structure. Quintessenza INT 1998; 49:696-77

5. DISCUSSIONE DEL CASO ATTRAVERSO IL BLOG

 

 

 

 

 

 

 

 

Categories: chirurgia